giovedì 21 maggio 2009

Sindrome da privazione sensoriale o elasticità mentale?



Un paio di giorni fa è arrivato a casa un nuovo cane, Spillo.
Le foto seguiranno a giorni...comunque, giusto per rendere l'idea, è una specie di piccolo pinscher, però con un testolone enorme e un sederino minuscolo, con tanto di mozziconcino di coda.
Spillo è stato caricato in auto, è arrivato a Maerne dopo un viaggio di tre ore, è crollato a dormire dopo un paio di giretti in giardino, il giorno dopo è uscito in passeggiata con me, Alessandro e gli altri cani -giusto per iniziare a farli avvicinare- e poi nel pomeriggio è venuto in centro Mestre a fare due compere: pettorina e due stupidaggini in merceria.

Cosa c'è di strano?

Nulla, se non fosse che Spillo è stato solo un'altra volta in vita sua in auto, è vissuto sulle colline delle Marche con sei labrador e un boxer e non ha mai visto nè un collare, nè un guinzaglio nè tanto meno un centro città, con auto che sfrecciano e persone e cani a iosa.

Allora, mi viene da riflettere.

In un cane esiste la sindrome da privazione sensoriale, o piuttosto esiste o manca l'elasticità mentale?
Un cane che ha ricevuto tantissimi stimoli, non svilupperà quindi la capacità di assimilare il "nuovo", proprio come un cane abituato ad interagire con le persone continuamente, non
imparerà prima qualcosa che gli si sta tentando di insegnare?

Quindi, se si passa dall'ottica di una sindrome "inguaribile" -o come minimo di cui tutti dicono che c'è poco da fare o di passare al farmacologico- e si passa invece ad un concetto di fatica all'adattamento, io credo si cambi già molto, prima di tutto nel modo in cui NOI ci poniamo nei confronti del cane impaurito da tutto.
Posso quindi iniziare a proporre il nuovo. Posso iniziare a pensare al mio cane come ad un ragazzo della campagna anni '50 che si trova proiettato nel 2009. Sopravviverà? Ha tutti i mezzi per farlo, solo che all'inizio sarà davvero dura. Più sarà ingegnoso, più gli sarà facile adattarsi. Ma l'inventiva o l'adattabilità non gli sono state date dall'ambiente (città o campagna) nè dall'epoca, ma dagli stimoli, dalle difficoltà e dalle situazioni che ha affrontato e che lo hanno spinto ad usare la testa.

Nessuno di voi ha mai cambiato casa? Quando sono passata dal centro città alla periferia, il silenzio nella notte non mi gustava molto. Mi dava un senso di solitudine. Viceversa, alcune mie amiche facevano fatica a dormire da me in città, con le ambulanze che andavano su e giù, il primo autobus per Venezia delle 5.50 che fermava proprio sotto casa e qualche brusca sgommata di auto che avevano fretta di rientrare a casa nel cuore della notte. Per non parlare dell'osteria aperta fino alle 3 durante l'estate.

Tutti noi siamo sopravvissuti, anzi, c'è voluto solo del tempo.
E nessuno di noi è sotto psicofarmaci...