domenica 22 novembre 2009

Educazione vs Addestramento

Uhm, l'annosa questione...
Più ci penso, e più penso che siano due cose inscindibili.
E soprattutto penso che gli estremi e gli estremismi non mi piacciono.
Ad un corso un ragazzo ci ha solennemente detto che il cane non va tenuto al guinzaglio. Di nuovo "uhm". Deve? Non deve? Andrà valutato di situazione in situazione, no? E soprattutto il suo cane, appena voltate le spalle, con tutta la sua flemma e lentezza se n'è andato a mangiare l'immondizia e a vagabondare in giro. Allora, cosa sarebbe stato meglio? Tenerlo al guinzaglio forse? E mi metto anche nei panni di un addestratore che vede la scena, mi verrebbe da pensare: "Ma che c**** di cane c'hai? Il mio lo metto "terra" e non si muove più! Se questa è educazione cinofila, ne faccio volentieri a meno!".
Poi, però, magari se andassi a casa del cane-spazzino, il suddetto cane starebbe buono buono in cuccia a ronfare, mentre il cane addestrato sarebbe un'anima in pena o starebbe nel box in giardino.
E anche il "terra" di cui sopra, eseguito alla perfezione, sarebbe fatto da un cane con la lingua a penzoloni e un livello emotivo altissimo.
Allora, che fare?
Beh, io penso che si debba mediare. L'addestramento serve, è pignoleria, è precisione, è chiarezza. "Piede" vuol dire "mantieni la tua attenzione su di me, fidati di stare col naso per aria che ti guido io, e intanto controlla il tuo corpo". Se fatto bene, non è per niente facile. E richiede collaborazione, fiducia e chiarezza di comunicazione da parte nostra. E uno sforare nella sfera del contatto intimo non indifferente. Il cane non può stare ad un metro da noi, è adeso alla nostra gamba che pure si muove. E mi serve che il cane, quando lo chiamo a fare qualcosa con me, anche lo stare fermo come un salame, ne sia entusiasta e pensi a me, non al bidone della rumenta.

Però mi serve anche lo stato d'animo del cane. Mi serve che il cane sappia entrare in stand-by, mi serve che non esegua ogni attimo della sua vita un esercizio...è come se una ballerina mi facesse "il lago dei cigni" con la caffettiera in mano, di prima mattina, per mettere su un caffè. Non ce la vedo.
Mi serve anche solo che si chieda: "Cosa caspita faremo ora? Dove andiamo? Aspetta che chiedo a quel bipede laggiù". Che si rivolga a me senza che io glielo richieda, la nostra vita a due deve essere così: io guardo cosa mi sta dicendo e viceversa, e ci veniamo incontro.
In realtà non c'è nemmeno un leader, siamo partner. Io posso chiedere tutto quello che voglio, posso mediare, convincere, costringere e corrompere, ma alla fine ho davanti un essere vivente con un suo carattere, delle sue attitudini, caratteristiche e desideri, e la mia scelta non è mai funzionale all'ottimizzazione della vita a due, quanto alla mediazione di una vita a due.